San Calogero la storia 

                   San Calogero venerato ad Agrigento
San Calogero venerato ad Agrigento

Calogero (Calcedonia, 466 – Monte Kronio, 18 giugno 561) è stato un monaco eremita, venerato come santo dalla Chiesa cattolica e da quella Ortodossa e patrono di moltissimi paesi della Sicilia.


San Calogero è venerato ad Agrigento più di san Gerlando che è il patrono di Agrigento. Altri centri in cui San Calogero è particolarmente venerato sono Porto Empedocle, Naro, Sciacca, Frazzanó, San Salvatore di Fitalia, Cesaró, Petralia Sottana e Campofranco.



Calogero (dal greco "buon vecchio", appellativo che indicava gli anacoreti, che vivevano appartati in luoghi solitari e in grotte, ma secondo quanto riportato sugli Inni di Sergio a lui dedicati, Calogero era il suo nome), nacque da genitori cristiani e, sin da piccolo, abbracciò gli insegnamenti del Cristianesimo.


La tradizione che lo vuole essere vissuto nel I secolo fa riferimento a un breviario siculo-gallicano, in uso nella regione tra il XI secolo e il XVI secolo. Tale fonte lo fa nativo di Costantinopoli. Il fatto che egli si senta spinto a convertire gli abitanti della Sicilia, meglio si concilia con questo periodo, rispetto a altre agiografie che lo vogliono vissuto nel V secolo. Infatti è più ragionevole pensare che gli abitanti della Sicilia, necessitassero di conversione al nuovo credo nel I secolo che non nel quinto, quando la popolazione di quelle regioni era già in buona parte cristiana.[chi lo afferma? Fonte?]. Questo breviario lo vuole pellegrino a Roma dove incontrò San Pietro apostolo da cui ottenne il permesso di vivere da eremita in un luogo imprecisato. Qui ebbe l'ispirazione di evangelizzare la Sicilia. Tornato dal primo papa, ottenne il permesso di recarsi nell'isola assieme ai compagni, Filippo, Onofrio e Archileone. Filippo si recò a Agira, Onofrio e Archileone si recarono nel deserto di Sutera e il nostro si fermò a Lipari. Secondo la leggenda riportata nei Dialoghi di Papa Gregorio I, qui avrebbe avuto la visione dell'anima del re Teodorico gettata nel cratere dell'isola di Vulcano il giorno stesso della morte di quest'ultimo. Da qui, dopo diversi anni, si spostò nei pressi di Sciacca dove visse per trentacinque anni.


Altre leggende, invece, spostano la sua esistenza nel V secolo. A vent'anni, secondo l'innografia composta dal monaco Sergio, fuggì dalla Tracia a causa delle persecuzioni scatenate dai monofisisti contro i fedeli al dogma proclamato nel 451 nel concilio di Calcedonia. Si recò in Sicilia, dove si trattenne per qualche tempo predicando e prestando cure agli ammalati con le acque sulfuree dell'isola, convertendo molti abitanti e proseguendo nella sua vita di eremita e taumaturgo.


Calogero sbarcò a Lilibeo, dove Gregorio e Demetrio furono martirizzati, secondo la Vita di Calogero, da degli idolatri; a questo proposito vi sono due diverse teorie intorno all'identità degli uccisori. Parte della storiografia[senza fonte] ritiene che il Vescovo di Lilibeo fosse in realtà un monofisista, visti gli intensi scambi commerciali intercorrenti tra la Sicilia e i patriarcati di Antiochia e Alessandria, territori ove il monofisismo era molto radicato, e come tale abbia giustiziato quelli che considerava due eretici. Altri storici[senza fonte] ritengono che siano invece caduti nelle mani dei Vandali, fanatici ariani che, in quegli anni, imperversarono in Sicilia e nel Nord Africa.


Scampato alla morte, iniziò a vagabondare per l'isola, nascondendosi in antiche necropoli e nelle numerose grotte di origine vulcanica sparse per la Sicilia. Partendo da queste peregrinava per i paesi ove predicava la fede, amministrava i sacramenti e assisteva gli ammalati.


Ultima sua tappa furono le grotte poste sul monte Kronos (Kronio) presso Sciacca. Qui visse operando molti miracoli e guarigioni e convertendo molti abitanti alla fede cristiana. Morì a Monte Kronio nella notte tra il 17 e il 18 giugno del 561. Aveva 95 anni.



Altre leggende devozionali



Il bacio di un devoto alla statua del santo


Tradizioni agiografiche raccontano che durante la sua vecchiaia, non potendo più raccogliere le erbe di cui nutrirsi, si cibava del latte di una cerva che gli sarebbe stata mandata da Dio. Un giorno però il cacciatore Siero, detto Arcario perché cacciava con l'arco e le frecce, uccise involontariamente l'animale. Addolorato per aver compiuto tale errore, divenne discepolo del santo, alla morte di quest'ultimo, avvenuta dopo quaranta giorni. Lo stesso Arcario lo seppellì in una caverna sul monte, nota a lui soltanto. Egli trasformò successivamente la grotta in cui era vissuto il Calogero in una piccola chiesa, dove alloggiò insieme ad altri discepoli. In seguito vennero scavate nella roccia le cellette che costituirono i dormitori: furono dette "Eremo" o "Quarto degli Eremi". A causa delle invasioni Saracene in Sicilia, il vescovo agrigentino del tempo per non far disperdere le reliquie le fece condurre nel messinese presso il monastero basiliano di San Filippo di Fragalà, nei pressi di Frazzanò. Ai giorni nostri le sacre spoglie riposano in una cassa lignea nella chiesa madre di Frazzanò, Diocesi di Patti, assieme a quelle del patrono e concittadino della città San Lorenzo.