La Valle dei Templi

Tempio della Concordia

Questo tempio, costruito su di un massiccio basamento destinato a superare i dislivelli del terreno roccioso, per lo stato di conservazione è considerato uno degli edifici sacri d'epoca classica più notevoli del mondo greco (430 a.C.).

Su di un crepidoma di quattro gradini (m 39,44x16,91) si erge la conservatissima peristasi di 6x13 colonne ( porticato che circonda il naos), alte m. 6,72 e caratterizzate da venti scanalature e armoniosa entasi verso i 2/3 (curvatura della sezione verticale), sormontata da epistilio, fregio di triglifi e metope e cornice a mutuli; conservati sono anche in maniera integrale i timpani. Alla cella, preceduta da pronao in antis (come l'opistodomo) si accede attraverso un gradino; ben conservati sono i piloni con le scale d'accesso al tetto e, sulla sommità delle pareti della cella e nei blocchi della trabeazione della peristasi, gli incassi per la travatura lignea di copertura. L'esterno e l'interno del tempio erano rivestiti di stucco con la necessaria policromia.

La sima mostrava gronde con protomi leonine e la copertura prevedeva tegole marmoree.La sua struttura fu rafforzata per la trasformazione in chiesa cristiana (VI sec.) che comportò anzitutto un rovesciamento dell'orientamento antico, per cui si abbatté il muro di fondo della cella, si chiusero gli intercolunni e si praticarono dodici aperture arcuate nelle pareti della cella, così da costituire le tre navate canoniche, le due laterali nella peristasi e quella centrale coincidente con la cella. Distrutto poi l'altare d'epoca classica e sistemate negli angoli a est le sacrestie, l'edificio divenne organismo basilica le virtualmente perfetto. Le fosse scavate all'interno e all'esterno della chiesa si riferiscono a sepolture alto-medievali, secondo la consuetudine collocate in stretto rapporto con la basilica.

 

Tempio di Giunone

Il tempio di Hera Lacinia, noto anche come tempio di Giunone (dal nome romano della dea) è un tempio greco dell'antica città di Akragas sito nella Valle dei Templi di Agrigento.Fu edificato nella seconda metà del V secolo a.C., intorno al 450 a.C. e appartiene come epoca e come stile al periodo del dorico classico. Sono stati rilevati segni dell'incendio del 406 a.C. dopo il quale è stato restaurato in età romana, con la sostituzione delle originarie tegole fittili con altre marmoree e con l'aggiunta del piano inclinato alla fronte orientale.L'edificio è un tempio dorico periptero con 6 colonne sui lati corti (esastilo) e 13 sui fianchi, secondo un canone derivato dai modelli della madrepatria ed utilizzato anche per il tempio "gemello" della Concordia con il quale è accomunato anche dalle dimensioni generali e dalle misure, quasi standardizzate di alcuni elementi costruttivi. Le dimensioni complessive sono di circa m 38,15x16,90.Il fronte presenta interassi leggermente diversi con la contrazione di quelli terminali e l'enfatizzazione di quello centrale. Il peristilio di 34 colonne alte m. 6,44 e costituite da 4 rocchi sovrapposti, poggia su un crepidoma di quattro gradini. Edificato su di uno sperone con un rialzo risulta in gran parte costruito artificialmente L'interno è costituito da un naos senza colonnato interno, del tipo doppio in antis, dotato di pronao e opistodomo simmetrici, entrambi incorniciati da gruppi di due colonne (distili). Due scale per l'ispezione alla copertura o per motivi di culto, erano presenti nella muratura di separazione tra naos e pronaos (diaframma).Attualmente si conserva il colonnato settentrionale con l'epistilio e parte del fregio, mentre i colonnati sugli altri tre lati sono conservati solo parzialmente (mancano 4 colonne e 9 sono smozzate), e senza architrave. Pochi sono gli elementi rimasti della celladi cui rimane la parte bassa della muratura che la delimitata. L'edificio è stato così ricostruito mediante anastilosi fin dal Settecento ad oggi. Davanti al fronte principale (orientale) ci sono notevoli resti dell'altare.

 

Tempio di Ercole

Il tempio di Eracle, o tempio di Ercole (dal nome romano dell'eroe), è un tempio greco dell'antica città di Akragas sito nella Valle dei Templi di Agrigento.L'edificio, di stile dorico arcaico, si trova sulla collina dei Templi, su uno sprone roccioso vicino alla Villa Aurea. La denominazione tempio di Ercole è un'attribuzione della cultura umanistica, basata sulla menzione ciceroniana (Verrine, II 4,94) di un tempio dedicato all'eroe non longe a foro, contenente una famosa statua di Ercole. Che l'agorà di Akragas sorgesse in questo posto non è però dimostrato; tuttavia l'identificazioe è generalmente accettata.

 

Tempio di Castore e Polluce (Dioscuri)

Il tempio dei Dioscuri era un tempio greco dell'antica città di Akragas sito nella Valle dei Templi di Agrigento[1].Pochi metri a nord del cosiddetto tempio L, un'altra complessa serie di tagli nella roccia e di fondazione costituisce un capitolo della difficile storia dell'area sacra: è la pittoresca rovina ricostruita nella prima metà dell'Ottocento con pezzi di varia epoca rinvenuti nella zona e battezzata tempio dei Dioscuri.La rovina insiste sull'angolo nord-ovest di un edificio templare misurante m 31x13,39 allo stilobate (i tagli nella roccia misurano m 38,69x16,62), che è ricostruibile come un periptero dorico di 6x13 colonne, della metà circa del V secolo a.C. Il tempio doveva presentare il canonico insieme di cella terminata da pronao ed opistodomo in antis (visibili pochi resti del vespaio delle fondazioni, e i tagli nella roccia); i resti del geison con ricca ornamentazione scolpita messi in opera nella rovina non appartenevano originariamente al tempio. Questo pseudo tempio è comunemente utilizzato a fini turistici e riprodotto in souvenir.

 

Tempio di Zeus Olimpio

Il Tempio di Zeus, l’unico grande e maestoso ad Agrigento ,fu costruito nel 480 a. C e un  Pseudoperistasi con sette semi colonne nel lato corto e quattordici semi colonne nel lato lungo, che gravano su cinque gradoni.tempio di giove

Tra le colonne erano posizionate i Telamoni, ne fu ricomposto uno con 26 pezzi tufacei , nel 1825 da Raffaello Politi.

Questo tempio fu portato in posizione eretta al Museo. Il Tempio era largo circa 56metri  e lungo 112 metri, le colonne erano alte 18 metri e i Telamoni 7,65m. Lo storico  Diodoro  scrive che le scanalature delle colonne erano così ampie che un uomo trovava spazio per appoggiarsi. Tutto il Tempio era alto quanto un Palazzo di 10 piani. Fonti storiche ci tramandano che con le rovine del Tempio è stato costruito nell’ ottocento il molo di Porto Empedocle.

Nel lato est vediamo i resti del altare, il quale misura 55 m. e lungo 17 m. circa, sul quale venivano offerti 100 buoi contemporaneamente, e per tale motivo viene chiamato Ecatombe, ossia bagno di sangue.

Giardino della kolymbetra

I cinque ettari della Kolymbethra offrono una notevole varietà arborea e paesaggistica. Nelle zone più scoscese sono presenti tipiche specie della macchia mediterranea, come il mirto, il lentisco, il terebinto, la fillirea, l’euforbia e la ginestra.

Nel terreno pianeggiante del fondovalle, al di là del piccolo fiume bordato da canne lungo il quale crescono salici e pioppi bianchi, si estende l’agrumeto che con limoni, mandarini e aranci di antiche varietà, viene irrigato secondo le tecniche della tradizione araba. Dove l’acqua non arriva, nascono gelsi, carrubi, fichi d'india, mandorli e giganteschi olivi “saraceni”.
 
La Kolymbethra rappresenta, per caratteri percettivi, ambientali e produttivi, il paesaggio più illustre dell'arboricoltura siciliana, ovvero quello irriguo dell'agrumicoltura. In Sicilia gli impianti di agrumi si chiamano "giardini" proprio per sottolineare la loro bellezza, oltre che la finalità produttiva. Il profumo della zagara assume così il senso di una presenza arborea che non è mai legata solo alla produzione, ma anche al piacere.

Secondo le testimonianze dei contadini del luogo, fino agli ultimi decenni del Novecento la Kolymbethra venne coltivata ad agrumento e a orto e mantenne l'aspetto di un meraviglioso giardino profumato di limoni e di aranci e ricco di mandorli, olivi, gelsi, melograni e fichi d'india.
 
La mancanza d'acqua ne causò in seguito l'abbandono sino all'intervento del FAI, che ha provveduto alla cura e al ripristino della vegetazione d'un tempo restituendo alla Valle dei Templi il suo originario valore, che non è solo archeologico, ma anche storico, geologico, botanico e agrario.

 

Tempio di Vulcano (Efesto)

Il tempio di Efesto, o tempio di Vulcano, era un tempio greco dell'antica città di Akragas sito nella Valle dei Templi di Agrigento[1].

Le rovine del tempio di Vulcano si trovano all'estremità occidentale della Collina dei Templi, in prossimità della porta V. L'edificio, di stile dorico, risale al V secolo a.C. ed è di notevoli dimensioni e in (m 43x20,85).

Si tratta di un tempio periptero di 6x13 colonne poste su un krepidoma di quattro gradini. I fusti, invece della scalanatura a spigoli vivi, presentano una rudentatura d'evidente influsso ionico, databile intorno al 430 a.C.

Il tempio è assai mal conservato. Sono visibili solo poche parti dell'alzato ma sono leggibili le fondazioni.

All'interno della cella sono stati rinvenuti i resti di un sacello arcaico che ha preceduto il tempio classico. Si trattava di un edificio prostilo con cella e pronao (m 13,25x6,50),databile al 560-550 a.C., di cui è stato possibile ricostruire la decorazione architettonica, con lastre a cassetta laterale e frontonale e una sima laterale con doccioni a tubo. L'edificio dorico fu sovrapposto a questo sacello mediante profondi intagli a tre gradini nella roccia.

Chiesa San Nicola

Chiesa di S. Nicola - In tufo, è stata edificata nel XIII sec. dai Cistercensi in stile di transizione romanico-gotica. I conci utilizzati provengono dalla Cava dei giganti, come veniva comunemente chiamato il Tempio di Zeus in rovina, fonte quasi inesauribile di materiale. La facciata è scandita da due alti ed imponenti contrafforti (aggiunti nel '500) che racchiudono un bel portale ad arco acuto. 

L'interno ad un'unica navata è coperto da una volta a botte. Sul lato destro si aprono quattro cappelle. La seconda custodisce un bel sarcofago romano (III sec. d.C.), detto sarcofago di Ippolito e Fedra, particolarmente amato da Goethe. Ispirato a modelli greci, è scolpito su tutt'e quattro i lati ad altorilievi dalle linee pure e morbide che suggeriscono il movimento delle figure e sottolineano la dolcezza delle espressioni. Vi è raffigurato l'amore non corrisposto di Fedra per il figliastro Ippolito che viene bandito dal regno ed ucciso da cavalli impazziti sotto l'infamante (ed ingiusta) accusa della matrigna di averla insidiata. Sul sarcofago si vedono (in senso antiorario, partendo dal 1° lato lungo) l'eroe in procinto di partire per una battuta di caccia ed il momento in cui rifiuta il messaggio di Fedra portato dalla nutrice: il dolore ed il delirio di Fedra circondata da nove ancelle: la caccia al cinghiale con Ippolito a cavallo ed infine la morte dell'eroe. Di fianco all'altare, sulla sinistra, un bel crocifisso ligneo del '400, chiamato il Signore della Nave, ha ispirato la novella omonima di Pirandello (nella raccolta Novelle per un Anno). Dalla terrazza davanti alla chiesa si gode di un bel panorama sulla Valle dei Templi.

Oratorio di Falaride

In età romana (si ritiene comunemente nel I secolo a.C., ma la data del II secolo a.C. appare storicamente più coerente) la cavea venne riempita e fu costruito il cosiddetto Oratorio di Falaride, in realtà un tempietto di tipo romano su alto podio con altare sulla fronte orientale. Il tempietto sorge su un podio sagomato alto 1,57 m, lungo 12,40 m e largo 8,85 m: si trattava di un edificio ionico prostilo tetrastilo (10,90 × 7,40 m) con trabeazione dorica, interamente coperto di stucco dipinto, di cui restano cospicue tracce. In asse col tempio, ma significativamente anche sul diametro centrale del precedente ekklesiastérion e sull'asse della cunetta settentrionale di questo si colloca l'altare del sacello, pure rivestito di stucco dipinto, immediatamente a nord, a margine dell'antico edificio di riunione, e in asse con l'altare del sacello romano, sorge un'esedra semicircolare, con tutt'evidenza destinata ad ospitare una statua. L'ipotesi che spiega nella maniera più convincente questa radicale trasformazione consiste nell'interpretare il tempietto (destituita d'ogni fondamento è l'attribuzione ad esso di una lastra con iscrizione dedicatoria) come luogo di culto insediato da Romani all'indomani della deduzione di coloni da parte di Scipione nel 197 a.C. (deduzione accompagnata da cospicue donazioni, come l'Apollo di Mirone posto nell'Asklepieion, e ricordato sopra), evidente sostituzione dell'ekklesiastérion collegato al vecchio ordine costituzionale, e anch'esso munito della sua carica sacrale. Sarebbe seducente supporre che il tempietto fosse dedicato al nuovo ecista Scipione, eroizzato (come a Liternum), al quale era certamente dedicato almeno l'esedra semicircolare. In ogni caso il tempietto ha il sapore di un piaculum (atto espiatorio) per la soppressione di uno spazio pubblico (o sacro) più antico. Nella fase successiva, d'età imperiale, la zona, specialmente nella parte inferiore dell'antica orchestra (ma anche sulla sommità della cavea), venne occupata da abitazioni private, di cui sono visibili alcuni ambienti decorati con mosaici.

Quartiere Ellenistico Romano

il cosiddetto quartiere ellenistico-romano, un settore urbano con tracciato regolare che ricalca per orientamento ed impostazione quello che doveva essere l'impianto urbanistico della città del periodo classico. Il quartiere é caratterizzato  da quattro cardi (strade secondarie) larghi circa cinque metri e distanti tra loro 35 m. secondo un orientamento sud/nord, che si incrociano ortogonalmente con tre decumani (strade principali) ampie 7 m. orientate est/ovest. Il sistema viario del quartiere ellenistico- romano ospitava delle abitazioni distinte a loro volta, come da tradizione greca, da stretti ambitus o intercapedini che dovevano servire al passaggio veloce da un isolato all'altro per i pedoni. Le abitazioni sono di vario tipo: alcune a peristilio, secondo una tradizione prettamente ellenistica, altre invece con atrio caratterizzato da impluvio di tipo italico  sia con peristilio che semplicemente circondate da vani. Da un punto di vista del materiale utilizzato, secondo l’uso greco classico, le case sono state realizzate in blocchi di arenaria, tralasciando conglomerati e laterizi come ci si aspetterebbe da un quartiere di epoca romana. Molte abitazioni si presentano particolarmente curate sia per le tracce di stucchi e dipinti alle pareti sia, e soprattutto, per la presenza di pavimenti musivi la cui realizzazione varia da semplici tessere in opus signinum o tessellatum di tarda età repubblicana a rappresentazioni figurative di vario tipo dei primi secoli dell'impero aventi un’iconografia caratteristica  delle maestranze di tradizione africana. Il quartiere ellenistico- romano presenta, inoltre, un accurato sistema idrico con pozzi, cisterne e canali di smaltimento. Oltre all'edilizia abitativa sono venute alla luce anche delle tabernae con dei banchi di vendita che davano direttamente sui cardi tra le quali ne spicca una predisposta all'inserimento di giare ed anfore.

Sagra del Mandorlo in Fiore

La Sagra del Mandorlo in Fiore è una festa popolare della città di Agrigento che, come vuole la tradizione, si ripete ogni anno all'inizio del mese di febbraio e ha una durata di una settimana. L'obiettivo è quello di festeggiare l'anticipo della primavera con il rifiorire dei mandorli e di gioire per il ritorno della vita. Numerosi gruppi folkloristici arrivano ad Agrigento da ogni parte del mondo per prenderne parte. Infatti, nel corso degli anni, la festa ha accresciuto il proprio significato culturale mandando messaggi di pace a tutte le popolazioni.

La manifestazione comincia con un bel giro, al tramonto, nella Valle dei Templi e prosegue con l'accensione della fiaccola dell'amicizia davanti al tempio della Concordia. L'avvenimento più importante della sagra si ha durante la chiusura, quando i gruppi folkloristici sfilano con i carretti siciliani e le bande musicali dalla città alla Valle dei Templi. Inoltre, un'esibizione artistica conclusiva viene svolta sempre ai piedi del tempio della Concordia mentre si può assistere, davanti al tempio di Ercole, alla cerimonia di assegnazione del Tempio d'Oro, premio desiderato da tutti e raffigurante il tempio di Castore e Polluce, che viene consegnato da una giuria internazionale ai gruppi scelti in base a chi di loro ha danzato e cantato meglio e a chi ha il costume tipico migliore.

Ogni anno vengono organizzate parecchie altre iniziative collaterali, come ad esempio "miss primavera", che premia la ragazza più bella tra i vari gruppi e il balcone fiorito più bello della Via Atenea, la via principale di Agrigento. Inoltre, recentemente sono stati assegnati nuovi premi, come quello di "Gian Campione" e "Casesa", due pilastri del folklore agrigentino morti qualche anno fa. Un altro trofeo, il "Criscenzo", viene consegnato durante il festival dei bambini del mondo.

Nel periodo in cui si svolge la sagra, vengono realizzate anche delle mostre e delle degustazioni della mandorla con lo scopo di pubblicizzare questo prodotto tipico siciliano.